Come molti altri centri sanitari, anche l’ospedale di Como, che sorge in realtà sul vicino comune di San Fermo della Battaglia, è intitolato a Sant’Anna. La dedicazione alla madre di Maria, però, in questo caso è tutt’altro che formale e da qualche anno il 26 luglio, data in cui ricorre la memoria liturgica di Sant’Anna, l’ospedale organizza una festa per commemorarla. Le celebrazioni per Sant’Anna sono avvenute anche quest’anno, dopo una pausa forzata dovuta alla pandemia da Covid-19.
Mercoledì, dopo la messa concelebrata dai cappellani presenti e passati della struttura, il direttore della clinica di San Fermo ha inaugurato una mostra dedicata alla patrona nella hall all’ingresso dell’ospedale dove, dal 2019, è stata posta una statua lignea raffigurante Sant’Anna con Maria.
L’esposizione – che resterà fino alla fine dell’anno – è stata curata dal padre betharramita Ercole Ceriani, che ha progettato il basamento su cui è stata collocata l’effigie, e dal professor Bruno Fasola con l’intenzione di presentare la figura di Sant’Anna attraverso la riproduzione di alcune delle più celebri opere a lei dedicate e realizzate tra il IX e il XVII secolo. «Oggi – ha spiegato il direttore generale della clinica Fabio Banfi – vogliamo volgere lo sguardo a un quadro che raffigura Sant’Anna e Maria intente a cucire e con in mano un gomitolo. Questo filo è segno di relazione, dell’intreccio che esiste tra il destino individuale e collettivo. Il lavoro di tutti noi, in ospedale, è tessere relazioni, evitare strappi e attriti con i pazienti e i loro familiari, curare. Nel 2019 l’ultima festa prima che il Covid travolgesse tutto, eravamo partiti da qui e oggi riprendiamo quel filo inaugurando, finalmente, quell’esposizione, dedicata alla figura attualissima di Sant’Anna».
«Sant’Anna – ha invece detto padre Ercole nel suo intervento – non è solo un nome su un edificio. Non è semplicemente il nome dell’ospedale di Como. Il nome Sant’Anna rimanda a una storia di una donna in carne ed ossa. Una storia che ha attraversato i secoli e, in modo o nell’altro, è arrivata fino a noi, ci appartiene e rimarrà per altri dopo di noi». Usando le immagini della storia dell’arte – tratte dalla Storia di Anna, illustrata da Giotto nella Cappella Scrovegni a Padova– padre Ercole ha messo in luce il ruolo di Anna donna, sposa senza figli, e poi madre e nonna «che dà sicurezza, che si fa carico senza esibirsi o rubare la scena, mantenendosi sullo sfondo, in un atteggiamento che permette l’evolversi di storie diverse dalla propria e, finalmente, della Storia di Dio». Un ruolo dignitoso e fondamentale che sembra un po’ essersi perso nella società d’oggi ma anche nell’iconografia artistica di Sant’Anna Metterza nella quale, a poco a poco da Leonardo a Murillo, la figura di questa donna sbiadisce in quella di un’anziana che sembra non avere più nessun contributo da offrire alla storia, se non come presenza affettuosa. «Queste raffigurazioni “moderne” di Sant’Anna ci dicono quanto il nostro tempo, sempre alla ricerca di novità, in cui a contare è la velocità di un progresso fine a sé stesso, appaia privo di radici, autoreferenziale, senza tradizioni a cui attingere e pertanto pericolosamente sbilanciato in avanti. Sembra opportuno ricordare che con la tradizione non si pretende che la società viva del passato, ma che non si nutra di illusioni. La tradizione non è un peso, ma pesa sullo spirito come l’aria sulle ali dell’aereo».
Foto da ASST Lariana