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Intergenerazionale

Questo articolo è apparso sul numero 1 del 2024 di Presenza betharramita che, come sempre, potete leggere anche qui.

di Ilaria Beretta

Capita a me, come sarà capitato a voi, di salire sulle barricate e da lì lanciare metaforici sanpietrini verso la generazione precedente.
Il solo fatto di aver anticipato la venuta al mondo nostra e dei nostri coetanei sembra trasformare, quasi automaticamente, quella classe in una schiera compatta che ci è avversaria. L’ambientazione varia, in scena vanno però gli stessi personaggi: da un lato noi e dall’altro i nostri padri, ora rappresentati da coloro che hanno titolo di sangue per calcare quel palcoscenico, ora dai loro “secondi”: colleghi, conoscenti, parenti lontani che con i primi attori condividono il decennio di nascita.

Noti gli elementi, procediamo col copione.

Al telefono, in macchina, in una pausa pranzo di un giorno feriale o a una cena festiva m’accade dunque di sfilare dalla faretra gonfia di j’accuse, con polso esperto, argomentazioni e invettive all’indirizzo dei miei predecessori che dal canto loro usano il loro turno di parola per incuneare ragionamenti e requisitorie alle mie contrapposte.

Chi assistesse a questi civili ma accesi dibattiti intergenerazionali farebbe fatica a prendere posizione perché ciascuna parte espone posizioni sensate per sé e per i suoi pari che però suonano sorde alle orecchie del dialogante. Vale per entrambe le parti: ognuno batte il suo punto e, anche se ambedue capiscono a vicenda la logica altrui di fondo, non riescono a concepirne la prassi.
Probabilmente – ben inteso – l’incomprensione è fisiologica e la mia è descrizione di un gioco delle parti che esiste da che mondo è mondo. Forse, però, oggi più di ieri la famiglia (tradizionale ieri, fluida oggi), il lavoro (garantito ieri, precario oggi), la scuola (severa ieri, inclusiva oggi), la politica (ideologica ieri, evanescente oggi) , la religione (di maggioranza ieri, intimistica oggi) sono argomenti cambiati così radicalmente e repentinamente in pochi decenni da essere diventati quasi materie estranee su cui due generazioni adiacenti non hanno alcuna coordinata in comune. E così i giovani e i più anziani si trovano a muoversi in due mondi lontani in cui è difficile persino orientarsi, figuriamoci trovare una strada comune.

Per fortuna non va sempre così e ci sono casi – rari ma possibili – in cui questo muro si screpola e tra le due generazioni si apre un varco che consente il passaggio. Recentemente, un articolo apparso sulla testata americana Vox.com ne ha parlato in un lungo elogio delle cosiddette “amicizie intergenerazionali” che si instaurano tra persone che hanno venti, trenta, quaranta, anche cinquanta anni di differenza. Le amicizie intergenerazionali sono rarissime, sia perché le occasioni di incontro sono più frequenti tra chi ha età simili sia perché, come abbiamo visto, i “mondi valoriali” sono opposti, ma – scrive l’articolista – quando accadono, aprono prospettive inconsuete e perciò si rivelano quanto mai preziose e feconde.
Posso confermarlo io stessa: amicizie di questo tipo, intrecciate con alcune donne nate in anni che io ho vissuto solo nei libri di storia, sono il regalo più bello che dieci anni di lavoro in una congregazione maschile mi hanno consegnato personalmente e che – cosa più rilevante in questa sede – hanno avuto proficue ricadute a livello professionale permettendo il realizzarsi di numerosissime attività conviviali, editoriali e solidali che senza questa profonda intesa intergenerazionale non sarebbero state possibili o per lo meno non ugualmente efficaci. Chissà perché un fatto normalmente così raro si è verificato proprio qui: forse perché a una minoranza, in questo caso di genere, occorre compattarsi per sopravvivere o forse perché ogni tanto capita di essere estremamente fortunati. Proprio di questa amicizia intergenerazionale, di cui crediamo anche altri abbiano beneficiato, tengo a ringraziare con questo articolo con cui concludo la mia rubrica – e la curatela di questo sito, arricchitosi di oltre 1.500 articoli – per prendere altre strade e fare, a mia volta, largo ai giovani.

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