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«Benedire le famiglie oggi è un gesto controcorrente»

Cosa s’impara dall’esperienza delle benedizioni alle famiglie? L’abbiamo chiesto a padre Carlo Sosio, betharramita che opera nella parrocchia Sacro Cuore di Lissone nella diocesi ambrosiana dove questo “rito” si ripete proprio prima di Natale.

«Nonostante i cambiamenti sociali e culturali, la benedizione resta un’occasione per incontrare le persone, soprattutto quelle (e sono la maggior parte) che non frequentano la parrocchia. Con questo gesto diventiamo una “Chiesa in uscita” e abbiamo la possibilità di incontrare anche quelli che non vediamo mai o sono lontani. Purtroppo gli orari di visita tante volte non sono gli stessi delle famiglie che lavorano lontano da casa e che rientrano tardi. Per tutti però rimane un segno della mia visita: un libretto o una immagine con la preghiera, segno che tutti sono nel nostro pensiero».

«Visitare le famiglie mi dà l’occasione di constatare la realtà di vita delle persone stesse: problemi, difficoltà, solitudini, lacrime versate dopo un lutto, disaccordi. Non sempre sei accolto: le famiglie straniere non cristiane in genere non aprono. Qualche volta, anche se raramente, qualcuno mi risponde che non vuole la benedizione, senza nemmeno aprire la porta di casa. Si incontrano anche fedeli di altre confessioni (ad esempio ortodossi) molto cordiali e accoglienti. A volte, ci sono anche dei cani da affrontare prima di entrare nelle case!»

«Il mio bussare alle porte delle case assume un valore prezioso in questo tempo in cui il privato ha preso praticamente tutte le forme di socializzazione e di incontro. Benedire le famiglie è un gesto controcorrente, che per me, può avere anche una dimensione  missionaria. Portare la benedizione di Dio nelle famiglie è come una carezza con la quale Dio stesso ci ricorda che gli stiamo profondamente a cuore e che non si è affatto dimenticato di noi. Ed è anche il segno di una vicinanza alle famiglie di oggi, in un mondo profondamente trasformato».

«Ogni volta che rientro dalle benedizioni delle famiglie sono carico delle intenzioni affidate dalle persone semplici e credenti che presento al Signore nella preghiera, così come le pecorelle smarrite che Dio ama come quelle dell’ovile parrocchiale, perché sono in pericolo. Forse, c’è da chiedersi: i nostri orari vanno incontro alle esigenze lavorative delle famiglie  giovani delle nostre parrocchie? Qualcosa si potrebbe cambiare. Ma non lascerei questa tradizione così attesa, anche se i tempi sono cambiati. I contatti diretti fra noi e la gente sono insostituibili».

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