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«La dottoressa Ione: una leggenda, amica dei poveri»

Due mesi fa è scomparsa la dottoressa Ione Bertocchi, medico genovese che per oltre 40 anni è stata la referente dei progetti sanitari della diocesi di Bouar, in Repubblica Centrafricana. Aveva scelto la missione da laica e da non credente, abbandonando la sua città natale a 35 anni per uno dei Paesi più poveri del mondo. Negli anni Settanta il Paese aveva da poco raggiunto l’indipendenza e non c’erano medici locali. L’unico ospedale, realizzato dall’esercito francese, funzionava bene ma, dopo il 1960, anno dell’indipendenza, fu abbandonato. Ione visitò l’ospedale insieme a un missionario che aveva conosciuto in Italia che le aveva chiesto aiuto per rifornire il centro sanitario di medicine e attrezzare il laboratorio per le analisi. Proprio di fronte alla situazione dell’ospedale che si trovò davanti, Ione decise di restare nel Paese che è diventato la sua casa per quasi mezzo secolo. In Centrafrica la dottoressa Ione – la cui reputazione ha ben presto fatto il giro del Paese – ha messo in piedi centinaia di progetti e formato altrettanti sanitari locali collaborando anche con i betharramiti che in quei territori hanno aperto prima un ospedale, a Niem, dove opera padre Tiziano Pozzi (che con la dottoressa Ione condivideva il lavoro) e poi il Centro Saint Michel per la cura di persone in Aids, diretto da fratel Angelo Sala.

«Ho conosciuto la dottoressa Ione  trent’anni fa – ricorda padre Tiziano. Appena arrivato, mi aveva invitato a partecipare a un incontro per la fondazione dell’Assomesca (Associazione delle Chiese per la Salute in Repubblica Centrafricana). Confesso che avevo un po’ paura di lei perché ero appena arrivato in Centrafrica e lei era già una celebrità… A poco a poco l’ho conosciuta. Ho sempre ammirato la sua conoscenza, il suo rigore, la sua onestà ma anche la sua attenzione verso tutti. Ha mostrato lo stesso atteggiamento davanti al ministro della Salute come davanti al paziente più povero. Ione aveva una pazienza infinita e il suo più grande desiderio era quello di migliorare la situazione sanitaria del nostro Paese: quanti medici e personale sanitario ha formato! Quanti giovani ha sostenuto negli studi… Dobbiamo tutti ringraziarla di cuore per le energie che ha messo al servizio della diocesi di Bouar. Ma soprattutto Ione era amica dei poveri. Si professava atea ma aveva sempre sulle labbra e anche nel cuore le parole e gli atti di Gesù. Le piaceva parlare della compassione di Gesù verso i malati, verso i più bisognosi e lei lo ha messo in pratica. Carissima Ione, ora sei in Paradiso, nella pace e nella gioia del Signore».

«Quando sono venuto la prima volta in Centrafrica – ripercorre la storia fratel Angelo Sala – per l’apertura dello studio dentistico a Yolé, ho incontrato dottor Ione a Naunday: a quel tempo lavorava ancora nell’ospedale. Ho avuto modo di conoscerla bene solo più tardi, quando abbiamo aperto il Centro di cura Saint Michel, perché a quel tempo era coordinatrice sanitaria della diocesi di Bouar, ruolo che ha rivestito fino alla sua partenza dal continente. Ione era entusiasta dell’apertura di questo Centro ma anche un po’ perplessa, perché – essendo un luogo di cura solo di Aids – il suo timore era che i malati non sarebbero venuti a curarsi a causa della stigmatizzazione. Il giorno dell’inaugurazione aveva preso la parola davanti alle autorità centrafricane, pronunciando un discorso con parole di speranze per i malati di Aids. Era nel suo carisma essere una leader, negli anni Sessanta era in prima linea a occupare l’università: l’avevano sopranominata “la monaca rossa” per la sua morale. Battersi per le persone più povere, senza mai chiedere nulla per se stessa, era nel suo dna. Con i soldi della sua pensione di medico, ha aiutato molti giovani di Ngaunday a laurearsi soprattutto in medicina, senza contare i giovani medici centrafricani che ha formato nel suo ospedale. È impossibile fare il calcolo delle formazioni sanitarie che ha organizzato per la diocesi, in quanto coordinatrice sanitaria: sapeva far apprendere le tematiche più difficile anche al personale sanitario con un livello di studio elementare. Più volte presidente dell’Assomesca (Associazione delle Chiese per la Salute in Repubblica Centrafricana), nel 2013, dopo la crisi politica, ha saputo rimettere in funzione l’associazione che era economicamente fallita. Per questa donna, che aveva rinunciato a una gloriosa carriera in Italia per dedicarsi totalmente ai più bisognosi, esercitare la professione di medico era una vocazione, la possiamo considerare come un soldato che combatte il dolore che affligge l’uomo. Ione si definiva atea ma il suo stile di vita era pienamente evangelico, più volte ha letto la Bibbia e ha sempre collaborato con la missione cattolica. È una persona che ha lasciato un segno nel cuori dei centrafricani e di tutti i missionari che hanno avuto la fortuna di conoscerla e collaborare con lei».

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