Oltre a quella in Ucraina, la Russia sta combattendo un’altra guerra. In Repubblica Centrafricana – così come in altri Paesi africani politicamente instabili, come il Sud Sudan e la Repubblica democratica del Congo – il governo di Mosca già da tempo ha mandato armi ed eserciti in quello che ha tutte le caratteristiche di uno sforzo militare neo coloniale. Quando, lo scorso anno, un gruppo di ribelli tentò un golpe contro il presidente Faustin Archange Touadéra, il governo centrafricano chiese aiuto proprio ai russi i quali inviarono il gruppo di mercenari Wagner che in effetti riuscirono a liberare la capitale Bangui dalle milizie ribelli e a disperderle nel Paese. L’intervento dei russi però ha un prezzo: l’Unione europea e le Nazioni Unite hanno appurato decine di casi di violazioni dei diritti umani e proprio a causa della presenza russa oggi il territorio è tornato ad essere disseminato di mine (come ha constatato sulla sua pelle anche il missionario betharramita padre Arialdo…). Il risultato è che oggi in Centrafrica l’insicurezza è alta, così come l’instabilità politica con il presidente Touadéra che sta cercando di modificare la Costituzione per farsi rieleggere per il terzo mandato. Anche la situazione economica è precaria: l’Unione europea ha bloccato i finanziamenti alle banche africane e lo Stato rischia di non riuscire a pagare gli stipendi di insegnanti e sanitari; mentre i risvolti della guerra in Ucraina iniziano a farsi sentire con l’aumento dei prezzi dei prodotti importati come olio, farina, cemento e gasolio. In questa situazione il Parlamento si è limitato ad approvare un provvedimento per autorizzare l’uso delle controverse criptovalute: una decisione bizzarra visto che tra le controindicazioni delle valute digitali c’è il fatto di favorire il riciclaggio di denaro, la frode fiscale e le truffe e soprattutto che in Centrafrica solo il 10% della popolazione ha accesso a Internet.
