Altri giovani raccontano i loro ricordi degli anni trascorsi alla missione betarramita Holy family Catholic Centre in Thailandia.
«Questo Centro – comincia Aryu – è più che un “ostello” come si usano chiamare questi luoghi. Il Centro è una grande famiglia, piena di amore: qui si trova un’atmosfera di accoglienza, di dedizione e di aiuto reciproco, si conosce la vera gentilezza e un invito costante a compiere il bene. È il primo luogo che mi ha accolta e che mi ha dato l’occasione e l’opportunità di studiare, imparare e di diventars quella che sono oggi, orgogliosa di me stessa, con un lavoro che mi realizza. Il mio grazie va a tutti i padri e i responsabili del Centro, che hanno speso e spendono la loro vita per i “figli” che adottano nella struttura. Il mio affetto per loro è incancellabile e indelebile».
Le fa eco Nidchanan, con alle spalle sei anni trascorsi alla missione: «Se quando ero piccola non ci fosse stato questo Centro, oggi non sarei quello che sono. La vita al Centro non è certo come la vita nella società al di fuori: problemi a non finire, poche possibilità di studiare e imparare, mancanza di sincerità; ma ho sempre trovato la forza per affrontare le difficoltà che ho incontrato nella vita grazie a tutto ciò che il Centro con i suoi responsabili mi ha donato: il saper perdonare, il saper condividere, l’onestà, la pazienza, la fedeltà al dovere e il senso di responsabilità».
Sumalee Mëlè è arrivata al Centro che non sapeva né leggere né scrivere e anche lei ci è restata per sei anni: «Ero una bambina, ho imparato a leggere e scrivere grazie alle insegnanti che mi hanno seguito con dedizione. Ho imparato il catechismo e tante altre cose. Le ragazze più grandi, come delle sorelle maggiori ci facevano trovare la tavola pronta, lavavano la biancheria per i più piccoli tutti i giorni. Ho imparato a occupare in modo utile il tempo libero: leggendo, ricamando, osservando e imparando dall’esempio delle più grandi. Per noi loro erano un modello: ogni mattina c’era sempre qualcuna di loro che mi chiedeva come stavo; erano sempre disponibili lungo tutta la giornata; erano affettuose, ricordo che quando avevo bisogno qualcosa facevano in modo di procurarmelo; e quando invece con gli altri bambini combinavo qualche guiao mi hanno sempre perdonato, spiegandomi però l’errore proprio come avrebbero fatto una papà e una mamma che insegnano alla figlia a crescere».
Anche Saukèo Lègni ha solo parole di ringraziamento: «Questo Centro mi ha dato molto anche se in un tempo piuttosto breve, vorrei dire il mio grazie ai padri presenti e soprattutto alla maestra Noy; ricordo bene che non ero una bambina molto tranquilla, se non ci fosse stata la maestra Noy a tenermi sulla retta via, non sarei certo come sono oggi. Grazie con tutto il mio cuore».
«A pensare al Centro non posso che dire che è stata la casa in cui sono cresciuta – esordisce Amija, per diversi anni alla missione prima come bambina e poi come “sorella maggiore”. – Io e i miei compagni non eravamo fratelli e sorelle di sangue, ma c’era affetto ed era come se lo fossimo. Ringrazio dell’amore, dell’amicizia che ho sempre ricevuto; ancora oggi quando c’è l’occasione di un incontro, cerco sempre di ritornare al Centro: questa presenza attiva dona forza e coraggio per affrontare le prove della vita».
Infine Worawut, che ha trascorso al centro 7 anni, ricorda: «Per prima cosa devo ringraziare il Signore che mi ha dato l’occasione di passare e di crescere al Centro Sacra Famiglia. Ho ricevuto amore, gentilezza, buona formazione lungo tutto l’arco di tempo di permanenza: non posso che non ricordare con affetto i padri, la maestra Noy, le ragazze più grandi: li devo ringraziare per avermi aiutato ad arrivare fino qui. Grazie dal più profondo del mio cuore».