di padre Tiziano Pozzi
Questo scritto non vuole essere un ricordo che poi sbiadisce nel tempo. No, padre Mario è una presenza continua, è sempre con noi.
Padre Mario era un vero uomo di Dio perché, prima di tutto il resto, era un uomo di preghiera. Quando andavo a Bouar se non lo trovavo nella sua stanza andavo diritto in cappella. E lui era sempre là, davanti al Signore. Aveva davvero un fede grande.
P. Mario amava leggere e studiare. Aveva sempre tra le mani un libro, una rivista. La sua più grande preoccupazione era di poter ricevere le sue amate riviste di filosofia, la Civiltà Cattolica che leggeva dalla prima all’ultima riga. Ha insegnato per tanti anni nei seminari della diocesi e nei collegi delle suore. Amava questo lavoro, per lui era una vera missione. Appena finiti gli esami di giugno iniziava subito a preparare i corsi per l’anno successivo. Aveva sempre qualcosa di nuovo da trasmettere ai suoi alunni anche se si trattava di un corso che teneva da 15 anni. Inoltre nella nostra diocesi di Bouar era molto apprezzato come confessore e predicatore di esercizi spirituali.
P. Mario amava Bétharram, la nostra famiglia religiosa. Sicuramente è stato uno dei religiosi che meglio conosceva S. Michele Garicoits e la storia della congregazione che ha servito sempre al meglio delle sue possibilità occupando anche funzioni importanti al suo interno. Per tanti anni è stato responsabile della formazione di tanti betharramiti italiani. Sono sicuro che alcuni sono qui questa sera con tanti ricordi e con un grande grazie da dirgli. Quando volevamo sapere un aneddoto, una curiosità lui ci dava sempre la risposta adeguata, aggiungendo talvolta un commento colorito!
P. Mario ha vissuto fino in fondo il voto dell’obbedienza. Quando nel 1994 gli abbiamo proposto di venire il Centrafrica ha accettato subito. E anche qui ha cambiato diverse comunità e ha sempre dato il meglio di se stesso perché era un religioso che amava i confratelli che vivevano con lui.
P. Mario è stato sempre un uomo curioso, ma non di quella curiosità che porta al pettegolezzo. Voleva informarsi, sapere come andavano le cose. Quando veniva a Niem mi chiedeva sempre quanti fossero i malati ricoverati, quante donne avessero partorito. A padre Arialdo, suo compagno di seminario e di Messa, domandava come andassero le scuole e (permettetemi un sorriso) gli chiedeva anche il numero delle galline che avevamo alla missione, anzi, lo diceva lui stesso! Si interessava di tutto.
Ma più di tutte queste caratteristiche p. Mario era un uomo di carità. Questo è stato il suo tratto più bello, più prezioso, più vero. Aveva davvero un cuore semplice, grande e generoso. Sempre pronto a dare una mano soprattutto ai più poveri. A Bouar andava nei quartieri, in mezzo alla gente che amava, e quando trovava un malato che non aveva i mezzi per curarsi lo caricava sulla macchina e lo portava all’ospedale facendosi carico di tutto. C’era da rifare il tetto in paglia di una povera vedova? Mariò, con l’accento sulla ò, come lo chiamava la sua gente, era presente. Era l’uomo della carità spicciola, di ogni giorno che forse non cambia tanto le cose ma che ha un valore immenso agli occhi ed al cuore di Dio: ha davvero messo in pratica le opere di misericordia.
P. Mario amava il Centrafrica ed i centrafricani. Amava soprattutto andare a celebrare la S. Messa nei villaggi più sperduti, su piste impossibili da percorrere… Vi confesso che sono rimasto sorpreso quando sua sorella Pinuccia mi ha detto, quando ancora stava bene, che avrebbe voluto essere sepolto quaggiù.
E poi ci sono gli ultimi due mesi vissuti con lui. La malattia che è arrivata in modo subdolo. P. Mario poco dopo Pasqua ha iniziato ad avere dei comportamenti strani e avevamo deciso che rientrasse in Italia per un periodo di riposo e per delle visite mediche.. Ma poi la situazione si è aggravata all’improvviso. Impossibile partire. E, dopo qualche giorno, la diagnosi di Covid 19. Con Fratel Angelo abbiamo passato un mese al centro Covid di Bangui la capitale del Centrafrica. Attaccato all’apparecchio dell’ossigeno 24 ore al giorno. Poi un leggero miglioramento: p. Mario ha ripreso a respirare autonomamente e i medici ci hanno detto che il loro compito era finito e era meglio riportarlo a casa. Siamo tornati a Bouar ma purtroppo p. Mario continuava e rifiutare il cibo. Le abbiamo provate tutte ma niente da fare. Qui non esiste l’alimentazione parenterale. Diceva sempre che le cose andavano bene e che avrebbe mangiato più tardi…. E cosi siamo arrivati a lunedì 14 giugno. Al mattino mentre stavamo mettendogli una flebo ad un certo punto ci ha detto in sango, la lingua locale: “Aita, awe!” che significa: “fratelli, basta”... e poi verso le ore 20 il Signore lo ha chiamato ed è andato in Paradiso.
Caro p. Mario, io questo momento vorrei farti leggere ed ascoltare i messaggi che i tuoi cari ti hanno mandato durante questo periodo e che tu hai già ascoltato ma che adesso puoi gustare davvero in Paradiso. Si possono tutti esprimere con una semplice frase, la più bella, quella che ciascuno di noi vorrebbe sempre sentire. “Ciao Mario, ti vogliamo tutti tanto bene”. La Pinuccia, a nome di tutti i tuoi cari, te lo ha detto mille volte in questo periodo. E sono sicuro che è il pensiero di tutti coloro che sono qui a salutarti questa sera.
E con queste parole ti saluto anch’io: Ciao p. Mario, grazie di essere stato un vero esempio per tutti noi, per tutto il bene che ci hai voluto. E adesso in Paradiso prega per tutti noi e, a modo tuo, continua proteggere i tuoi poveri che hai tanto amato e per i quali hai dato la vita.
Un abbraccio infinito nel Signore
padre Tiziano