Un missionario barbuto che – dopo trentadue anni in Repubblica Centrafricana – parla italiano e il dialetto sango con la stessa scioltezza, inaugura con un racconto in presa diretta la versione romana della mostra “Al cuore nero del mondo” visitabile fino all’8 luglio nello spazio espositivo di via del Corso 528. È padre Arialdo Urbani, il fondatore della missione nel centro dell’Africa che è l’argomento della rassegna firmata dal fotoreporter Vittore Buzzi e già portata a Milano, Lissone, Bollate e Monza dal Vicariato d’Italia con il suo centro di comunicazione Betagorà, AMICI Betharram Onlus e – per la tappa nella capitale – l’associazione Il Mosaico. «Quando sono arrivato – ha spiegato padre Arialdo all’inizio della tavola rotonda d’apertura, sabato 30 giugno – non c’era nessuna scuola, i villaggi erano abbandonati. Fermandomi in uno di questi villaggi, un giorno, trovai un giovanotto con un pezzo di compensato: stava costruendo la scuola. Mi spiegò che i genitori pagavano il maestro pochi centesimi di euro per far funzionare le classi ma solo fino a dicembre perché poi tutti erano impegnati nei campi… A quel giovane proposi subito di stipulare un contratto per finire l’anno e insegnare fino al mese di giugno: l’esperienza andò bene ma da lì è nata l’idea di un progetto scuole più ampio. Così, piano piano, le scuole si sono moltiplicate, alcune oggi hanno 300 alunni e in tutto ci sono 54 maestri. Le nostre scuole sono le uniche che hanno funzionato anche in questi 5 anni di guerra civile». A spiegare più analiticamente il lavoro dei missionari è stato il presidente dell’associazione missionaria AMICI Betharram Onlus e Vicario d’Italia padre Piero Trameri; mentre è toccato al confratello padre Mario Longoni, già presidente dell’associazione Il Mosaico impegnata nella casa-famiglia per persone in AIDS a Monteporzio Catone, raccontare il lavoro di Buzzi che «è riuscito a fotografare quello che davvero è l’esperienza di vita dei missioni con un’attenzione che non è di tutti. quelle fotografie riescono a cogliere la realtà vissuta delle persone». Proprio a partire dalla sua esperienza ha iniziato l’intervento anche la dottoressa Nicoletta Orchi, infettivologa presso l’ospedale Spallanzani di Roma ma anche volontaria a Bouar presso il Centro di Cura “Saint Michel” specializzato nella prevenzione e cura delle persone in AIDS: «Spesso vado nelle scuole ma ho l’impressione che non ci si renda conto di questa realtà finché non si vivono certe esperienze. Lo dico ai giovani: ognuno di voi dovrebbe fare un’esperienza in Centrafrica. Anche se non si è medici o infermieri: mi ha meravigliato quanta gente prende le ferie per dedicare tempo alle missioni betharramite di Niem e Bouar». Per il Centrafrica, in conclusione di giornata, ha suonato anche l’associazione AIMA/CAMBRISTI Roma con la clarinettista Cristina Gregorini e l’organista Santina Amici, Valentina Licatro al flauto e al violoncello Antonella Daisy Basili.
